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lunedì 20 maggio 2013

ARTEMISIA GENTILESCHI E IL SUO PROCESSO




Ecco uno dei passaggi del libro L’Inclinazione. Storia di Artemisia e Nives in cui parlo del vero processo della pittrice Artemisia Gentileschi. Come accade sempre, dopo la denuncia e il processo, la donna deve fare i conti con quanti non le credono, o peggio pensano che se la sia cercata. Artemisia affrontò non solo il suo aguzzino, non solo il processo, ma anche le malelingue che accompagnarono la sua vita da allora in poi. Sempre fiera, a testa alta, consapevole di avere ragione.

Ma per Artemisia le mortificazioni non erano ancora finite. Pur di farle confessare il falso i giudici, che le contestavano fin da principio la sua deposizione, decisero di sottoporla a quella che veniva chiamata “la tortura dei sibilli”. Si trattava di lacci che venivano legati ad ogni dito più stretti e tirati fino allo strozzamento delle dita che prendevano a sanguinare. Artemisia non gridò, non pianse mentre le si spaccavano le dita, mentre di fronte a lei il suo aguzzino osservava la scena senza traccia di pentimento, o almeno di pietà per quanto la ragazza era costretta a subire. Non si disperò, nemmeno quando il dolore divenne insopportabile. Pensava solo alle sue tele, ai dipinti che doveva terminare e a quelli che ancora dovevano essere creati, pensava a quante volte quell’identica tortura aveva provocato danni irreversibili, pensava, insomma, che per colpa di una colpa non commessa ma subita forse non sarebbe stata più in grado di dipingere. Tutto questo subiva Artemisia, consapevole di non essere creduta…

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