“Di questo passo”
pensò “non riuscirò mai a scrivere un pezzo decente oggi pomeriggio”.
Le attese, e poi
la fretta di scrivere per arrivare in tempo, erano parte del suo lavoro ma non
per questo le risultavano meno snervanti: temeva sempre di non riuscire a
svolgere il compito che le era stato assegnato. Imitando i colleghi, si sedette
su uno dei gradini che portavano all’entrata, già pensando, come faceva sempre,
all’attacco del suo pezzo. Doveva informarsi anche su quella pittrice, sapere
di più su di lei e sulle sue opere, così da redigere anche un piccolo box a
fianco del pezzo principale, che sicuramente dalla redazione le avrebbero
chiesto. Non aveva mai sentito quel nome ne aveva idea di quali fossero i temi
preferiti dalla Gentileschi o la sua tecnica. Avrebbe dovuto lavorare per
cercare di tracciarne un profilo esaustivo ed allo stesso tempo comprensibile
da tutti, senza tecnicismi che avrebbero reso difficoltosa la lettura ai non
addetti ai lavori. Era ancora immersa in questi pensieri quando un giovane
poliziotto raggiunse il gruppo dei giornalisti e subito tutti si alzarono per
andargli incontro e sapere a che punto fossero le indagini. Il poliziotto
avanzava verso di loro un po’ impacciato, non doveva essere abituato a trattare
con la stampa e chissà per quale motivo avevano mandato proprio un novellino a
svolgere quel compito, ma contro ogni aspettativa si dimostrò subito
disponibile a rispondere alle domande.
“Qual è la dinamica dei fatti?” chiese un ragazzo inviato
dal telegiornale, ancor prima che il giovane rappresentante delle forze dell’ordine
potesse aprir bocca.
“Il ladro probabilmente si è mescolato con gli altri
visitatori, ieri, ed è poi rimasto all’interno del Museo fino a notte
inoltrata” disse il poliziotto “questo l’abbiamo dedotto dal fatto che non vi
sono forzature di nessun genere né all’accesso principale né a quelli laterali,
né alle finestre. Inoltre- proseguì- è riuscito a non far scattare nessun
allarme e nemmeno il custode si è accorto di nulla. Solo stamattina poco prima
dell’apertura del Museo ha notato che il quadro mancava e ci ha subito
avvertiti”.
“Com’è possibile?” incalzò una giornalista che era giunta
tra i primi davanti al Museo “insomma com’è riuscito a non far scattare
l’allarme?”
“Ci stiamo lavorando” disse solo il poliziotto “e
comunque si tratta di una donna”.
“Una donna?” chiesero in molti, sorpresi.
“Sì, una donna. Il ladro è una ladra” fece il poliziotto,
senza ombra di stupore nella voce. Ma quei giornalisti da che pianeta venivano
per essere sorpresi che una donna potesse rubare? “Anzi, sono uscito proprio
per questo. Vogliono che vi accomodiate dentro, la telecamera ha filmato
qualcosa”.
I giornalisti non se lo fecero ripetere due volte e
sciamarono in massa verso l’entrata, così anche Nives si trovò all’interno del
Museo, in un piccolo ufficio, in piedi, a fissare un video che rimandava
frammenti sfocati catturati dalla telecamera, senza che però nessun allarme
avvertisse che si stava compiendo un crimine.
“Purtroppo le immagini non sono per niente nitide, si
vede pochissimo” disse il capo della Polizia, mentre la direttrice osservava i
giornalisti con fare distaccato e quasi di disprezzo.
“Riccardo, fallo partire” disse il poliziotto a un suo
sottoposto, e il video partì.
L’immagine restituita era davvero
approssimativa e la donna era visibile solo di spalle. Tuttavia si
riconoscevano dei capelli castani scuri, un certo tipo d’andatura, un modo
d’incurvare le spalle dopo un po’ che camminava. Troppo poco per le forze
dell’ordine, ma non per Nives. Non appena i primi spezzoni erano apparsi sul
video, un brivido l’aveva scossa tutta. Aveva represso a stento un’espressione
di meraviglia che le si stava dipingendo in volto e poi un urlo quando ne ebbe
la certezza. Si era guardata intorno per capire se qualcuno la stava
osservando, ma tutti erano intenti a fissare il video con un misto di delusione
e rabbia per non aver scoperto nulla di sensazionale da poter raccontare in un
articolo. Pareva che quei frammenti non interessassero molto, ed in effetti a
parte il colore dei capelli e la statura, non c’erano altri indizi utili per le
indagini. Ma lei invece conosceva bene quel modo di camminare, quella tendenza
a incurvare le spalle, perfino quella sfumatura dei capelli tra il rame scuro e
il nero. Conosceva ogni dettaglio, quei dettagli che invece mancavano a tutti
gli altri, perché lì, dentro al video catturato dalle telecamere di
sorveglianza che non erano servite a nulla, c’era la persona che più le era
familiare al mondo. Lei.
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