In questo libro si alternano
brani dei nostri giorni, con protagonista Nives e del 1600 con protagonista la
pittrice Artemisia Gentileschi. Anche
se Nives non lo sa ancora, è legata ad Artemisia e al suo incantesimo
sbagliato, che provocherà tutta una serie di eventi ai nostri giorni. Ecco il
brano con l’incantesimo sbagliato di Artemisia:
La pozione di Artemisia:
·
Un sasso
medio di cinabro
·
un
quarto di panetto di biacca
·
due
pezzi di carbone vegetale
·
un
lapislazzulo
·
un
cucchiaio di terra d’ombra
·
una
scheggia di serpentino
·
una
spolverata di polvere d’ematite
·
cinque
cucchiai di gomma arabica
·
due
cucchiai di olio di lino
·
due dita
di polvere di vetro
e, per finire, un frammento di Pietra filosofale.
Tutti questi ingredienti Artemisia li aggiunse in un mortaio in legno,
riducendoli poco alla volta in finissima polvere grazie alla pressione del
pestello. Quand’ebbe finito di rompere i minerali li amalgamò con il resto,
grazie alla gomma arabica che legava i colori e all’olio di lino. Utilizzò un
suo piccolo gioiello, un anello, per avere il lapislazzulo necessario e solo
alla fine aggiunse la piccolissima porzione di Pietra filosofale, che aveva
trovato molto tempo prima grazie ad un’indicazione contenuta nel foglietto
della pozione regalatale dalla Strige. In realtà era stata la stessa Strige a
nasconderla in quel luogo, certa che Artemisia, prima o poi, sarebbe passata a
cercare la Pietra
per la pozione: non era molto lontano dal camposanto dove riposava sua madre.
Si favoleggiava molto sull’esistenza di questa Pietra e Artemisia non aveva mai
rivelato a nessuno di possederne una piccola quantità. Prima di tutto, non
sarebbe stato saggio parlarne, poiché c’era il pericolo più che reale di
esserne derubati, in secondo luogo aveva promesso il silenzio alla Strige. La
Pietra rassomigliava a un’ambra, la resina fossile del Baltico che aveva
racchiuso in sé piccoli insetti, foglie, legnetti di un’epoca lontana e che di
quella restava come testimonianza. Artemisia sapeva che l’ambra valeva molto ed
era ricercata ovunque, perciò non immaginava nemmeno quanto avrebbe ricavato
nel vendere quel frammento di Pietra filosofale che all’ambra era tanto simile
ma che in più possedeva la capacità di rendere immortali. Quando il composto si
fu amalgamato del tutto-con un rimestio di un certo numero predefinito di
volte- solo allora Artemisia aggiunse anche la polvere di vetro. Si trattava di
una polvere finissima che pareva zucchero, ma molto più chiara nella tonalità
di bianco, che si poteva ottenere sminuzzando una certa quantità di vetro con
la giusta dose di Bianco di San Giovanni. Appena la polvere venne aggiunta al
composto, questo, inizialmente di colore scuro per la presenza di differenti
minerali che erano utilizzati per ricavare i colori, divenne prima
bianchissimo, poi trasparente. Così trasparente e invisibile che la stessa
pittrice dovette intingere il pennello più volte prima di rendersi conto che la
materia ancora stava nel mortaio. Quindi, sicura che nessuno aveva notato
quella sua strana attività, Artemisia prese il mortaio ed il pennello e si
avvicinò alla tela che stava dipingendo. La sostanza, com’era scritto nel
foglietto della Strige, era inodore e insapore, invisibile anche alla vista e
incapace di alterare il dipinto. Nessuno, tranne lei, avrebbe mai saputo il
segreto del quadro. Così iniziò a stendere il composto, pennellata dopo
pennellata, sul quadro che stava sul cavalletto, conscia che stava regalando
l’immortalità alla sua arte, e prima di tutto a se stessa: in quella maniera
avrebbe ottenuto l’una e l’altra cosa. Nessuno avrebbe dimenticato Artemisia
Gentileschi e la sua pittura, nessuno avrebbe scordato il suo talento. Infine
la mistura fu applicata sull’intera superficie del quadro senza lasciare
traccia. L’opera, che conteneva in via di abbozzo due donne, in realtà due
facce della pittrice perfettamente identiche se non per i colori-bianco e oro
in una, nero nell’altra-non appariva mutata in nulla e nessun occhio
umano sarebbe stato in grado di scorgere alcunché di diverso. Artemisia
desiderava l’immortalità per se stessa, non tanto come essere umano, quanto
come pittrice. Voleva che una donna pittrice fosse sempre presente, ammirata e
ricordata da tutti, che una donna pittrice potesse essere la pittura stessa
senza subire pregiudizi di sorta. Voleva, infine, che Artemisia Gentileschi
fosse conosciuta per ciò che aveva creato, non per quanto aveva subito. Sul
foglio della Strige stava scritto che, pochi minuti dopo la fine di quel
rituale, la persona destinata a divenire immortale avrebbe iniziato a sentire
su di sé una sensazione particolare, come un formicolio che partiva dai piedi e
raggiungeva la testa, e qualsiasi cicatrice o ferita avesse sul corpo sarebbe
sparita magicamente per non ricomparire mai più. Artemisia attese e attese, ma
nessun formicolio venne a solleticarla, e la cicatrice minuscola eppure
visibile che aveva dietro un orecchio non scomparve. Continuò ad osservarsi per
un pezzo allo specchio, ma nulla cambiò. Quando fu passata un’ora, capì che
qualcosa era andato storto…..
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